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INCONTRO con SERGIO D'OFFIZI DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA

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- Intervista esclusiva che pubblichiamo by courtesy dell'autore e dell’Annuario del Cinema Italiano, in anteprima per l’imminente uscita del libro : “50 anni del mio cinema, dietro la macchina da presa” - Special Guests all’intervista: l’attrice Marisa Solinas e il maestro Ciro Cellurale -

di Claudio Manari

Un incontro eccezionale ed una intervista esclusiva al maestro Sergio D’Offizi, direttore della fotografia che ha alle spalle 50 anni di carriera trascorsa tra  i più bei film del cinema italiano, lavorando con i nostri più grandi registi e protagonisti dello schermo.

Chiacchierare con Sergio D’Offizi è come fare un tuffo nella memoria del più significativo e pregevole cinema italiano e condividere i suoi ricordi, raccontati con garbo e eccezionale precisione, è come viverli in prima persona.

Un uomo, prima di tutto, dai modi eleganti e discreti, pacato e di classe che mette immediatamente a suo agio l’interlocutore rendendolo partecipe della sua passione e della sua umanità.

In autunno uscirà il suo libro il cui titolo, al momento, salvo modifiche di natura editoriale, sarà “50 anni del mio cinema, dietro la macchina da presa” Sarà cura di chi vi scrive di annunciare la data di uscita e l’editore e la relativa presentazione al pubblico.

L’Annuario del Cinema Italiano ed Audiovisivi, ha comunque il piacere di presentarvi questa intervista in anteprima, che, come vedrete, riserva alcune sorprese, che sono comunque solo un assaggio di quello che i lettori potranno trovare sul libro.

Presenti all’intervista, alcuni graditissimi ospiti, l’attrice e cantante Marisa Solinas, amica di Sergio D’Offizi e protagonista di due dei film nei quali D’Offizi era direttore della fotografia e precisamente, “L’arbitro” di Luigi Filippo D’Amico e “Tutti dentro“ di Alberto Sordi e il noto maestro, pittore e scultore Ciro Cellurale, che ha dedicato diversi dipinti ad Alberto Sordi ed è noto fra l’altro per essere il ritrattista dei divi dello schermo. Per l’occasione Ciro Cellurale ha portato un dipinto di Sordi che fa da quinta, come si vede nelle fotografie all’intervista. Perché proprio un ritratto di Sordi, quando d’Offizi ha lavorato con tanti registi ed attori ? La risposta è semplice: Sergio D’Offizi ha avuto un sodalizio durato per molti anni con Alberto Sordi ed è stato il suo Direttore di fotografia personale per numerosi film, come vedremo proseguendo nella lettura.

Dopo questa breve introduzione, lascio la parola…all’intervista.

Maestro, quali sono i motivi che l’hanno spinta a scrivere questo libro?

SDO: vede, meditavo da tempo un libro di ricordi e poiché conoscevo Jerry Guida autore del  libro  Luci e colori di una vita, del mio illustre collega Alfio Contini gli chiesi se poteva scrivere anche per me poiché sentivo il bisogno di raccontare i miei ricordi e di condividerli, e mi creda, l’esperienza di cinquant’anni va raccontata.

Come è nata la sua carriera? Ben 117 film, un bel numero !

SDO: Ho cominciato a 17 anni, mio padre lavorava per il cinema ai tempi del cosiddetto cinema dei telefoni bianchi, era nel campo della produzione ed io respiravo aria di cinema. Mi convinse con naturalezza a entrare in quel mondo ed io cominciai come aiuto assistente operatore,correva l’anno 1951 e poi ai 117 film girati da direttore di fotografia bisogna aggiungere 20 film da assistente operatore e altri 20 da operatore alla macchina  

Una carriera che conta ben 117 film, un bel numero ! Quale ha amato di più?

SDO: in verità li ho amati tutti, ogni film, ogni esperienza professionale mi ha arricchito, mi ha dato qualcosa, mi ha fatto crescere, fare esperienza. Però posso dire che 2 film “emotivamente” sono rimasti nel mio cuore “Detenuto in attesa di giudizio“ di Nanni  Loy ed “ Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli .

Con quale regista si è trovato meglio ?

SDO:  A questa domanda rispondo sempre che ho trovato registi con i quali ero più in sintonia e altri meno, ma con tutti ho sempre avuto ottimi risultati e ottimi rapporti. Vede, io ritengo ci siano film di Serie A, destinati alla critica e ai festival e film di Serie B, spesso commedie, dalle strutture fragili, commerciali, ma spesso non meno importanti. A prescindere da ciò, ogni film io lo ho affrontato con il dovuto timore professionale”. Pensi che fu Nanni Loy a dirmelo durante la preparazione di “Detenuto in attesa di giudizio”. Ero con lui in auto per fare un sopralluogo ed egli si accorse che ero un po’ taciturno allora mi chiese i motivi ed io gli espressi tutta la mia paura , nel lavorare a una grande produzione, con un mostro sacro come Alberto Sordi, e lui stesso che era considerato un grande regista , dopo un attimo di silenzio  mi disse: “Anch’io ho paura Sergio, ma non dirlo a nessuno.”  Vero che fosse o no, la sua risposta mi incoraggiò molto con Nanni, mi sono trovato molto bene , una persona sensibile ed intelligente.

Con Mario Monicelli, invece ricordo che nonostante la sua grandissima professionalità, c’era un certo distacco, inteso come freddezza nel dirigere, non come rapporti umani, era molto schietto e questo   contribuiva a creare una atmosfera meno gioiosa di altri set.

Ho una curiosità su un film nel quale ha lavorato ed è “Femmine Insaziabili” di Alberto De Martino. In particolare volevo chiederle alcuni ricordi delle due attrici che facevano parte del cast: Nicoletta Machiavelli che conosco personalmente  e la grande star americana Dorothy Malone.

SDO: Dorothy Malone era molto bella e estremamente professionale, come normalmente tutti gli americani, cordiale ma senza eccessi e Nicoletta Machiavelli bellissima e simpatica . Sul set   l’atmosfera era alquanto fredda mancava quel calore umano necessario a mantenere amalgamata l’intera troupe  …

Abbiamo qui Marisa Solinas che con lei come ho già ricordato ha lavorato in due film, cosa vuole dirle, ricordare con lei? E Lei Signora Solinas vuole aggiungere qualcosa?

SDO: Cara Marisa, ricordo bene i due film girati insieme, mi sembra nel 1973 e nel 1984 (L’Arbitro” e “ Tutti dentro”) … ricordo le tue parti e la tua simpatia che contagiava tutta la troupe.

MS : Caro Sergio, bellissimi ricordi, nell’Arbitro, lavoravo con Joan Collins e Lando Buzzanca e ricordo la Collins  molto seria e professionale ma si sentiva molto “DIVA” e non dava confidenza a nessuno e in Tutti Dentro, ricordo Sordi con tanta simpatia. Di entrambi i film ricordo atmosfere rilassate e tranquille nel girare, insomma un cast molto affiatato. E di te ricordo come sempre la tua pacatezza e la tua grande collaborazione con ogni elemento dello staff del film. Eri sempre parte di un’opera corale e si avvertiva questo tuo magnifico modo di affrontare il lavoro.

SDO : Si, Marisa io sono sempre stato convinto che se nella lavorazione l’atmosfera è serena se tutti collaborano con passione il film ne risente positivamente. Non esistono solo il regista ed il produttore o gli attori, tutti fanno parte dello stesso ingranaggio che porta al risultato finale.

Maestro che cosa vuol dire all’artista Ciro Cellurale per il suo omaggio ad Alberto Sordi con il dipinto che ha alle sue spalle?

SDO: Un bellissimo dipinto, sembra uscire dalla tela, questo è Alberto ne “Un americano a Roma” ( sorride) … con Sordi quanti ricordi, quanta vita! Maestro, ha realizzato davvero una opera straordinaria. Ho visto altre sue opere prima dell’intervista ed è davvero un ritrattista unico ed eccezionale. Non è semplice rendere sulla tela i volti così come sono nella realtà.

Mi parli di Alberto Sordi, del suo rapporto e di come vi siete conosciuti .

SDO:    Con Alberto ho trascorso 15 anni, sempre insieme, un rapporto umano, di amicizia, di rispetto, di completa fiducia, un grande professionista generoso e non avaro come si dice, anzi sempre pronto ad aiutare. Era oculato, questo sì, ma non avaro. Lavorai con lui nel film “Detenuto in attesa di giudizio”, ma fu poi con “Anastasia mio fratello“ di Steno che approfondì il rapporto. Da allora fummo sempre uniti. Di Sordi parlo molto nel mio libro e desidero riservare molte sorprese ai lettori per cui voglio solo accennare di come si interruppe il nostro sodalizio per sottolineare che fu una interruzione non voluta, ma dettata da particolari condizioni che si vennero a creare in un certo periodo che cadde con la realizzazione del film “Un tassinaro a New York”. Accadde che dopo avere fatto negli USA molti sopralluoghi, rientrati in Italia, la produzione non partiva e dopo alcuni mesi, durante i quali ricevetti diverse proposte per altri film mi risolsi a dire ad Alberto che avrei accettato l’ultima di tali proposte con la promessa di interrompere il lavoro sul set per dedicarmi alle riprese del Tassinaro a New York non appena fosse cominciato. Il tempo passò ma Alberto non chiamò e seppi che aveva preso un altro Direttore della Fotografia. Ebbi la sensazione che fosse rimasto un po’ male, ma d’altra parte quando ci risentimmo e lo abbiamo fatto per tutti gli anni a venire i nostri rapporti erano sempre eccellenti ma non abbiamo lavorato più insieme .

Un’ultima domanda, in attesa di risentirci per l’uscita del libro per un’altra intervista… non vogliamo raccontare tutto ora.

Cosa ne pensa del cinema digitale?

SDO:  Paragono il passaggio al cinema digitale da quello dei miei anni al passaggio tra il Bianco e Nero ed il Colore. La tecnologia avanza e credo che i direttori della fotografia come fecero allora debbano avere coraggio ed osare, utilizzando i nuovi mezzi e strumenti sempre per sperimentare nuove tecniche e elaborare la luce… già la luce, scrivere con la luce, illuminare le scene, manipolare la luce, creare le atmosfere volute dai racconti che vengono portati sullo schermo dimenticando il supporto che si usa  . Il cinema crea atmosfere, racconta delle storie e la luce le descrive, le permea, fa in modo che lo spettatore senta e si senta parte di quelle scene. Io amo la luce e nella mia carriera ho dipinto con la luce… Per riassumere ritengo che la fotografia sia la materia prima per il cinema, senza non esisterebbe! La fotografia è un sentimento. Non si può fotografare la gioia e il dolore nella stessa maniera. La luce descrive i tanti stati d'animo di una persona, caratterizza le scenografie di un film, impreziosisce i costumi, ma soprattutto riesce ad attutire i difetti di un viso, caratterizzandolo; naturalmente deve essere ben gestita dal direttore della fotografia.

Grazie Sergio, grazie per le cose che ci ha raccontato, grazie per averle volute condividere con me e con chi leggerà queste sue parole. Ringrazio inoltre Marisa Solinas per la sua testimonianza e il maestro Ciro Cellurale per avere messo a disposizione il suo dipinto e per l’omaggio ad Alberto Sordi e a Sergio.

In attesa di incontrarlo nuovamente in occasione della presentazione del suo libro, concludo con la convinzione che Sergio D’Offizi, sia una persona eccezionale, non solo per il suo contributo artistico al cinema, ma per la sua carica di umanità e per essere un uomo di straordinaria modestia,   una dote che solo chi è veramente grande possiede.