UN RITRATTO INEDITO DI AUDREY HEPBURN
IN UN LIBRO DEL FIGLIO LUCA DOTTI
di Enrico Stella
“Audrey mia madre”, edito da Mondadori Electa, non è una delle innumerevoli biografie della Hepburn, pubblicate in tutto il mondo, ma è il ritratto intimo tratteggiato dal figlio Luca Dotti che rievoca gli episodi più significativi della vita familiare dell’attrice: “devo raccontare ai miei figli chi era la loro nonna, chi si nascondeva dietro quel tubino nero e quei grandi occhiali da sole”. Luca è il secondogenito di Audrey, nato nel 1970 dal matrimonio con lo psichiatra romano Andrea Dotti, dopo il divorzio da Mel Ferrer. In quel periodo la mamma aveva abbandonato quasi definitivamente il set per dedicarsi alla famiglia; il primo figlio Sean Ferrer aveva appena dieci anni. Ho avuto la fortuna di incontrare Luca e Sean e di intrattenermi a parlare con loro di cui apprezzo l’opera svolta a favore dell’Unicef, in continuità con l’impegno materno.
L’introduzione al libro ci sorprende con una frase: “Non ho mai conosciuto Audrey Hepburn”. Da piccolo, a un gruppo di giornalisti che gli chiedevano insistentemente di lei Luca rispose un po’ scocciato: “Vi sbagliate, sono il figlio della signora Dotti”; loro sbottarono a ridere! “Ma a un bambino di sei anni poco importa che la madre sia ballerina o scienziata, attrice o semplicemente mamma. Sa che i genitori sono bravissimi in quello che fanno e tanto basta”. Da queste parole è facile intuire che l’autore non scrive della vita artistica di Audrey, peraltro universalmente nota. Scorrendo le 252 pagine del volume, illustrate con altrettante foto, ci attende un’altra sorpresa: in ogni capitolo, ad ogni storia è collegata una ricetta di cucina. L’idea per il libro nacque proprio dal ritrovamento di un quaderno sfilacciato sul quale mamma Audrey trascriveva le sue ricette, anche se i piatti più complessi, imponenti e ambiziosi non raggiunsero mai la sua tavola da pranzo. Per comprendere il rapporto dell’attrice con il cibo occorre risalire al lungo inverno della fame (1944 - 45) quando lei sedicenne si trovava con la madre Ella van Heemstra in Olanda, ad Arnhem. I nazisti affamarono oltre quattro milioni di persone per vendicarsi della loro Resistenza; Audrey si nutriva di ortica cotta, tulipani e pane verde, fatto con farina di piselli. I morti di inedia furono ventiduemila e lei si salvò in extremis, ma al momento della liberazione pesava 40 chili, soffriva di asma e anemia acuta e si presentava itterica, con un grave edema. “Mia madre - scrive Luca - considerò la sopravvivenza come un dono che non andava sprecato. Lavorò duramente per riconquistare ciò che aveva perso: la casa, la famiglia, l’amore e la sicurezza che si racchiude nel calore di una cucina”.
Tra le ricette ve ne sono alcune per la preparazione di piatti assai modesti, come l’ hutspot, profondamente legato alla storia olandese, quando nel 1574 Leiden era stata assediata dagli spagnoli: si tratta di una purea di patate, carote e cipolle, condita se possibile con una salsa o, nei giorni migliori, con un po’ di carne.
Uno dei dolci preferiti da Audrey era la torta al cioccolato con panna: per lei questa aveva il sapore della libertà e la preparava per festeggiamenti, compleanni e tutte le occasioni speciali. Teneva sempre pronto il cioccolato in una credenza del salotto; da ragazzina furono sette barrette regalate da un soldato olandese a segnare la fine di una stagione di indicibili privazioni. Rispettando le regole della corretta alimentazione, iniziava la sua giornata, di buon mattino, con una sostanziosa colazione: adorava le madelaines fatte in casa (nel libro troviamo la ricetta autografa) e la gelatina di mele cotogne, o la marmellata di ciliegie, insieme a pane tostato, caffè, latte e burro.
In fatto di mozzarelle era un’intenditrice: le distingueva infallibilmente dalle tante imitazioni internazionali e la sua caprese tricolore conteneva anche avocado maturi, snocciolati e tagliati a fettine. Quando si recava nei ristoranti romani, gli chef si affannavano a proporle i piatti più elaborati, ma lei li spiazzava chiedendo quasi sempre spaghetti al pomodoro. La buona cucina era per la diva di Hollywood un pretesto per non uscire di casa e per avere con sé i figli e i loro amici d’infanzia. Per nulla simile a Holly Golightly di Colazione da Tiffany, lei era innanzitutto una mamma immersa nella vita familiare e casalinga, brava cuoca e ospite conviviale. Anche dopo molti anni affermava che la sua idea di paradiso era di starsene a casa con i propri cari e con i cani, consumando una cenetta e guardando un buon film o un programma televisivo: “Quando tutti questi elementi si combinano sono veramente al settimo cielo.”
Hollywood, nel ricordo di Luca, era molto lontana dalla casa di via S.Valentino, a Roma. Ogni tanto arrivavano copioni da leggere, ma sua madre commentava: “non mi piace abbastanza, non mi sembra adatto.” Il suo amico regista Terence Young racconta che passava quasi un anno per convincerla ad accettare anche solo l’idea di poter fare un altro film. Secondo Luca Dotti i ruoli interpretati da Audrey, che meglio coincisero con il suo carattere non furono quelli di Vacanze romane (Oscar 1954 come migliore attrice), o Sabrina, bellissime fiabe che gli spettatori della mia età continuano a rivedere con emozione. Lui ricorda invece, tra i film di fine anni sessanta, Gli occhi della notte, nomination all’Oscar e al Golden Globe1968, con una Hepburn più adulta, sofferente e reale. Prima di assumere la parte della cieca Susy, lei, scrupolosa come sempre, si allenò all’Istituto Lighthouse per Ciechi a New York per sperimentare cosa significasse essere non vedenti. Non aveva mai lavorato con tanta fatica e intensità e ne era orgogliosa.
Audrey amava gli animali, e a casa sua si avvicendarono molti cani; ne ha sempre avuto uno: Cocker Spaniel neri, Yorkshire Terrier e Jack Russell; se non poteva portarli con sé quando si allontanava dalla famiglia, ne chiedeva notizie per telefono. La loro morte, per vecchiaia, malattia o incidente, era sempre un dramma. In una sua agendina leggiamo una pagina con gli indirizzi dei veterinari di fiducia delle città che la ospitavano: Los Angeles, Lucerne, Paris, Rome, Lausanne.
L’amore per la natura era totale, e piante e fiori ebbero un ruolo importante nella sua vita. Aveva sempre sognato di possedere una casa in campagna con un giardino e alberi da frutto, e finalmente, nel 1965, ne acquistò una: “La Paisible”, a Tolochenaz-sur-Morges, a una ventina di chilometri da Losanna. In questo rifugio ideale poteva disporre di ogni sorta di ortaggi e della frutta preferita per le sue ricette. La coltivazione era affidata a Giovanni Orunesu, ortolano e giardiniere provetto, ma lei curava i fiori che da bambina aveva imparato a conoscere; voleva che la casa ne fosse sempre adorna e ogni mattina andava lei stessa a raccoglierli, tornando con i cesti stracolmi. Uno dei suoi più grandi dispiaceri di allora fu la malattia letale di un gigantesco salice piangente che figura tra le foto “di famiglia”, ma che Giovanni fu costretto ad abbattere. Quando la sua passione diventò pubblica, l’Olanda le dedicò prima un tulipano, poi una rosa col suo nome.
Nel finale del libro Luca trascrive una ricetta “miracolosa”, la più preziosa di tutto il volume; è la terapia reidratante orale: otto cucchiaini di zucchero, mezzo cucchiaino di sale sciolto in un litro di acqua potabile. Audrey ne conobbe l’efficacia durante le sue missioni di Ambasciatrice di Buona Volontà dell’Unicef. Da quando fu usata la prima volta nel 1968 ha salvato più di 50 milioni di persone, soprattutto bambini colpiti da dissenteria, che altrimenti sarebbero morti disidratati. Credo che nessun Ambasciatore dell’Unicef abbia donato tutto se stesso, affrontando situazioni difficili e pericolose, come Audrey.
Quando Luca le fece notare che il suo impegno stava diventando troppo stancante e che alla sua età era giusto che si riposasse di più, gli rispose: “Anche tu eri stancante, sai? Adesso sei grande e grosso, ci sono altri bambini di cui mi devo occupare.”
I proventi del libro saranno devoluti all’Audrey Hepburn Children’s Fund.
Nelle Foto:
Audrey con il piccolo Luca (1971) - Foto di Henry Clarke; © Condé Nast Archive/Corbis
Luca Dotti, autore del libro (2015) - © Jasmine Bertusi
La copertina del libro - Foto© 2015 Philippe Halsman/Magnum Photos
Mentre preparava il pranzo, ai tempi di Sabrina (1953) - © Earl Thiesen
Con una spigola, all’Isola del Giglio (1968) - Audrey Hepburn Estate Collection
Audrey con il marito Andrea Dotti (1971) - Foto di Cecil Beaton; Audrey Hepburn Estate Collection
Nel giardino fiorito della Paisible (1971) - Foto di Henry Clarke; © Condé Nast Archive/Corbis